Il sugo di quando ero piccola

Il sugo dell’estate.

Lo faceva la mia mamma, che suo malgrado dovette imparare a cucinare per amore di mio padre. Ogni tanto, però, lasciava da parte le ricette elaborate che papà pescava da innumerevoli libri di cucina, e preparava questa salsa che segnava la fine della scuola e l’inizio dell’estate, le vacanze. Allora avevamo un grande orto, quindi la mamma iniziava la preparazione sguinzagliando noi piccoli a cercare e prendere i pomodori più maturi, il sedano, le carote, le cipolle e gli aromi. Nel grande giardino, non si sa perché, menta e mentuccia stavano per conto loro. Il bottino era finalmente sul tavolone di cucina, pronto, in attesa; profumava di orto, di fresco, di buono. Oggi lo rifaccio insieme a voi.

Come per tante altre ricette di casa, io non ho le proporzioni; sta all’attenzione e al gusto di chi prepara decidere se mettere più carote o più cipolle, più sedano, timo, origano o basilico, o tutti gli aromi.

Laviamo le verdure, le tagliamo grossolanamente a tocchi e buttiamo tutto, a freddo,  in una pentola per la lunga cottura, io in questo caso uso il coccio per esempio. Aggiungiamo abbondante olio, gli aromi e del sale grosso. Lasciamo cuocere a fuoco bassissimo,  coperto.

Quando le carote saranno morbide, il sugo è pronto. Lasciamolo raffreddare. A questo punto, se ancora ne possediamo uno, prendiamo un passaverdura mettendo i buchi più piccoli e pazientemente passiamo la salsa. Altrimenti frullatore a immersione, mai però blender o tritatutto, il sapore cambia notevolmente, fidatevi. Abbiamo terminato? Bene, non resta che assaggiare e regolare di sale o altri aromi.

Suggerimento 1: se durante la cottura il tutto asciuga troppo, aggiungiamo un po’ d’acqua.

Suggerimento 2: se in cottura, assaggiando la salsa risulta un po’ acida (ma se abbiamo preso dei pomodori come si deve, non capita) aggiungiamo un po’ di concentrato di pomodoro. Per carità non mettete lo zucchero.

Suggerimento 3: se usiamo due o tre diverse varietà di pomodori il risultato finale è ancora più gustoso.

(N.d.R. Avrei voluto mettere altre foto ma non ho fatto in tempo 😊)

Hotel Lac Salin a Livigno: la Stua da Legn per la proposta vegana e vegetariana

La reception

Il cammino imprenditoriale della famiglia Giacomelli, iniziato nel 1962 con il primo hotel – il Concordia, è un insieme di singole realtà il cui filo conduttore è equamente diviso tra il bello esteriore, quindi la moda con Lungolivigno Fashion, e il benessere interiore con l’attenzione all’ospite negli hotel del gruppo. Uno, in particolare: il Lac Salin Spa & Mountain Resort. Un po’ di storia: questa struttura viene acquisita dalla famiglia circa trenta anni fa, passa rapidamente di classificazione da tre a quattro stelle e nel 2020 è integralmente riprogettato seguendo un disegno ben preciso, quello del benessere, dell’equilibrio ambientale e del facilitare il rapporto tra ospite, natura, struttura e ristorazione. Prima di descrivervi le proposte culinarie, due parole sull’hotel e i suoi servizi: il personale che vi accoglie è sorridente e cordiale, Rebecca l’Hotel Manager è gentilissima, le camere sono accoglienti, i materiali utilizzati sono stati studiati con cura e l’equilibrio visivo e tattile che ne deriva è estremamente armonioso. La Spa, di 1200mq, oltre a tutto ciò che si può desiderare, ha una meravigliosa ‘farmacia delle erbe’ locali, dove Valentina, la Spa Manager, attinge di volta in volta per le preparazioni da utilizzare nei trattamenti, composte al momento e secondo le necessità dell’ospite.

L’idea di benessere non si arresta alla cura del corpo ma continua con la nuova proposta di uno dei ristoranti dell’hotel: il raccolto, e dedicato alla carta vegetariana e vegana, Stua da Legn. Lo dico da onnivora convinta, che ama tutti i tipi di carne e pesci possibili, senza tralasciare nemmeno i formaggi: mi è piaciuto molto. Comincio col dire che era la serata dell’inaugurazione, con una cena a quattro mani tra Andrea Fugnanesi, giovane cuoco non ancora trentenne che guida la ristorazione di Lac Salin, e Gianni Tarabini de La Preséf, bistellato assai conosciuto.

Andrea mi dicono sia vulcanico nelle sperimentazioni e nelle proposte e, partendo dalle erbe spontanee che colorano e profumano la piana di Livigno in questa stagione, ha costruito una serie di piatti che in parte riprendono quelli tipici del luogo e altri che ne ripercorrono solo alcuni aspetti. Nascono quindi gli Sciatt col fiore di trifoglio, quello rosa però, che addirittura abbiamo raccolto nei prati insieme alla Menia e all’Ersilia, le custodi dei segreti delle erbe e dei rimedi. Nasce il Borsat della Stua da Legn, non più di carne di pecora cotta insieme al suo grasso in una sacca di pelle dello stesso animale, ma rapa rossa abbracciata da erbe  e con un cuore tenero. Da non mancare: la lattuga alla brace con zucca e la proposta Origini e Ricordi, un omaggio alle origini campane del giovane chef, una pasta mista (mescafrancesca appunto) con crema di patate e bitto. Di Gianni Tarabini il mio preferito è stato il risotto con le castagne affumicate, magnifico.

Il mio suggerimento: tutti ci meritiamo un fine settimana qui, tra natura, spa e buona tavola ma, leggendo il bellissimo Leina da Saor, apprezzerete ancora di più ogni singolo minuto. Suggerimento numero due: la borsa che trovate in camera per la Spa è bella da portare ovunque. Chiedete tutto alla reception.

Livigno si propone non più come meta solo sportiva per l’inverno o l’estate, lontanissimi ormai i tempi in cui si veniva fin qui per i cosiddetti articoli extradoganali. La cittadina va sempre più offrendosi come località dove stare bene tutto l’anno, oltre l’accoglienza e la pratica sportiva (qui potete davvero fare di tutto dall’equitazione alla canoa, passando per il trekking, la bicicletta, il parapendio e lo yoga). Anche un pigro assoluto qui può trovare una attività che lo stuzzichi e lo inviti a muoversi, non fosse altro che per godersi due ore in SPA dopo la fatica.

Info: https://www.lungolivigno.com

Hotel: https://www.lacsalin.com/it

Livigno: https://www.livigno.eu